Rhiannon nei Mabinogion – La caduta della Dea

La storia di Rhiannon è narrata nei Mabinogion, la più antica e ampia raccolta di racconti mitologici gallesi finora pervenuta.

Suddiviso in diverse parti, le prime quattro denominate Rami, il testo dei Mabinogion contiene le imprese di vari personaggi molto spesso nobili o con richiami divini (tra cui anche Re Artù), in un susseguirsi fortemente suggestivo di simbologie profonde ed evocative. Essendo il prodotto di una società ormai patriarcale, la narrazione dei Mabinogion ha un’impronta prevalentemente incentrata sulle figure maschili, eppure rimane onnipresente l’eco del culto della Dea da cui sicuramente ognuno di questi miti ha avuto origine.

Qui di seguito vorrei soffermarmi sulle vicende riguardanti Rhiannon, che ritengo una perfetta esemplificazione del processo di scardinamento e disgregazione delle antiche usanze e spiritualità matriarcali.

Primo Ramo – Rhiannon e Pwill

Un giorno, dopo aver dato un banchetto nel suo castello, il principe Pwill decide di salire su un tumulo situato nelle vicinanze che, secondo alcune dicerie, pare mostri dei prodigi a chi vi si reca. Una volta seduto sulla sommità del tumulo vede una donna velata e vestita d’oro, a cavallo di un candido destriero, che procede verso di lui. Desideroso di conoscerne l’identità, manda uno dei suoi uomini perché vada a chiederle chi sia, ma nonostante questi sproni il suo cavallo al galoppo non riesce a raggiungerla e lei se ne va.

Rhiannon – Dall’edizione de Mabinogion del 1877 con testi di Lady Charlotte West

Il giorno seguente Pwill torna al tumulo con i suoi compagni, la dama si ripresenta nello stesso modo e lui manda un altro dei suoi uomini, nuovamente invano.

Il terzo giorno decide di prendere in mano la situazione e si lancia egli stesso all’inseguimento della donna che anche da lui si allontana inesorabilmente. Allora Pwill, temendo di perderla per sempre, la chiama dicendo: “Oh dama, in nome di colui che ami di più, fermati per me!”

A quel punto lei si arresta, rispondendogli: “Mi fermo volentieri, e sarebbe stato meglio per il tuo cavallo se l’avessi chiesto prima.” Successivamente si toglie il velo che le copre il volto, mostrandosi in tutta la sua bellezza, e spiega: “Sono Rhiannon, la figlia di Heveydd Hen, e hanno cercato di darmi in sposa a un uomo contro la mia volontà. Ma non ho voluto avere nessun marito, e questo a causa del mio amore per te, né ne avrò un altro a meno che tu mi rifiuti. Sono venuta qui per udire la tua risposta.”

Essendo bellissima, Pwill è ben contento di poterla sposare, ma dovrà aspettare un anno durante il quale verranno fatti tutti i preparativi. Passati dodici mesi finalmente si festeggia l’unione dei due innamorati, ma al banchetto arriva un uomo che si presenta come postulante e chiede un dono, a quella richiesta Pwill risponde che gli verrà concessa qualsiasi cosa egli sia in grado di elargire. Allora l’uomo si rivela: è Gwawl, il primo pretendente di Rhiannon, e chiede proprio lei.

La richiesta è legittima, Pwill non può sottrarsi, ma Rhiannon escogita una soluzione: gli consegna un sacco magico e gli dice di imporre a Gwawl l’attesa di un anno, al termine del quale avverranno le nozze. In quella circostanza Pwill dovrà tornare con cento cavalieri appostati attorno al luogo del ricevimento e presentarsi vestito da mendicante, chiedendo di riempire il sacco di cibo. Il sacco è magico e non si riempirà a patto che un uomo di nascita nobile non vi spinga dentro il contenuto con entrambi i piedi, a quel punto Rhiannon indurrà il suo futuro sposo a provvedere e Pwill potrà così chiuderlo nel sacco, i suoi uomini lo percuoteranno per fargli implorare pietà che gli verrà concessa solo se rinuncerà a sposarsi.

Così avviene e, liberatisi del terzo incomodo, i due possono finalmente convolare a nozze.

Eppure le sfortune non sono concluse. Dopo qualche tempo Rhiannon dà alla luce un bambino, durante la notte le domestiche che dovevano vegliare su di lui si addormentano e al mattino il piccolo è sparito. Temendo una punizione, le donne uccidono dei cuccioli di una cagna del castello e sporcano con il loro sangue le mani e il viso di Rhiannon, accusandola pubblicamente di aver divorato il suo stesso figlio. Lei, disperata, implora di sapere la verità e si dichiara innocente, ma nessuno le crede, nemmeno Pwill. Come punizione sarà costretta a stare per sette anni fuori dalle mura, di fianco al cancello, e raccontare la sua storia a tutti offrendosi di portare ospiti e viandanti sulle proprie spalle fin dentro il palazzo.

La punizione di Rhiannon – Fonte: http://www.girlmuseum.org/mythological-girls-rhiannon

Contemporaneamente, nelle stalle di un nobile vicino di nome Teirnyon, accadeva un fatto strano: ogni notte del primo maggio la sua cavalla partoriva un puledro, ma al mattino seguente non ve ne era traccia. Dopo qualche anno il nobile decide di capire cosa stia succedendo e si apposta nella stalla durante il parto della giumenta: non appena il cucciolo nasce, dalla finestra entra un artiglio che lo afferra e lo trascina via. Teirnyon sguaina veloce la spada e taglia la zampa della misteriosa creatura, quindi esce per inseguirla ma essa fugge nella notte. Una volta tornato nella stalla, al posto del puledro trova un bambino avvolto in un mantello di raso, decide quindi assieme alla moglie, non avendo figli, di accoglierlo e crescerlo come fosse loro.

Teirnyon – Fonte: Wikidata

Nel giro di poco tempo entrambi si accorgono che il piccolo è prodigioso, cresce molto in fretta e presto i due coniugi si rendono conto della incredibile somiglianza tra lui e il principe Pwill. Non avendo mai creduto alla colpevolezza di Rhiannon, portano il bambino a palazzo e lì viene riconosciuto da tutti.

Rhiannon è finalmente scagionata e dà al figlio il nome di Pryderi, che significa preoccupazione.

– – –

Questa narrazione è densa di significati e allegorie.

Si inizia con la Dea che va chiamata, non inseguita come una preda, Lei si concede soltanto se la si tratta con il rispetto che le è dovuto dimostrando umiltà, solo allora si fermerà per noi e ci mostrerà il suo volto, svelandoci i suoi Misteri. Emblematica è la frase sarebbe stato meglio per il tuo cavallo se l’avessi chiesto prima”, una sorta di breve ramanzina che ci ricorda ulteriormente il valore del rispetto, non solo verso di Lei ma anche verso le altre creature, un promemoria del fatto che non siamo al di sopra della Natura ma ne facciamo parte, e in quanto parte dobbiamo ricercare l’armonia con ciò che ci circonda, non servircene secondo il nostro egoistico bisogno.

Un altro elemento importante è rappresentato dalla scelta amorosa consapevole.

Nelle fiabe classiche della nostra tradizione si trova molto spesso la principessa/protagonista femminile che viene salvata dal principe e quindi lo sposa, oppure che acconsente a un matrimonio deciso da altri o consequenziale alle vicende della storia (si pensi a Biancaneve o alla Bella Addormentata, oppure alla Principessa sul pisello che viene ritenuta degna del principe soltanto perché estremamente delicata e quindi adeguatamente sofisticata).

Rhiannon no. Lei sceglie. Rifiuta il matrimonio combinato e chiede all’uomo che Lei desidera di diventare suo sposo, ma con una precisazione da non sottovalutare: né ne avrò un altro a meno che tu mi rifiuti.”

Ecco il punto di svolta, la scelta consapevole, l’amore che non è dipendenza: dire “avrò solo te, se non mi rifiuti” implica che, in caso di rifiuto, si sentirà libera di cercare un altro uomo. Ritornando agli esempi delle fiabe classiche, non è come la Sirenetta che muore per amore di un tizio che non la vuole, Rhiannon si offre ma è in grado di stare bene anche da sola, si dona al suo amato ma non rinuncia a sé stessa né alla sua indipendenza emotiva, sa concedersi senza annullarsi.

Più volte nel racconto è presente l’attesa di un anno prima di poter ottenere quello che uno dei personaggi desidera. Questo periodo non è casuale, indica la conclusione di un ciclo, ogni anno le stagioni si ripetono quindi occorre rispettare il giusto lasso di tempo che serve per lo sviluppo naturale di ciò che si vuole portare a compimento. È un elemento che indica il viaggio iniziatico, scandito da precise fasi, che l’eroe intraprende per raggiungere il suo obiettivo, il quale simbolicamente rappresenta lo stadio successivo della sua evoluzione animica/spirituale.

Il prossimo argomento che viene presentato è quello della strategia risolutiva.

La Dea è sapiente, saggia, possiede la Visione e con essa quella che i greci chiamavano Mètis, ovvero la ragione che permette di trovare il modo migliore per dirimere le problematiche della vita (nella mitologia greca Mètis era proprio una dea con queste caratteristiche, in opposizione ad Ananke – la fatalità).

Nel momento in cui l’ignaro Pwill offre eccessiva disponibilità a Gwawl, mettendosi nei guai, la soluzione viene presentata da Rhiannon che, grazie al suo intelletto, elabora un piano per poter sistemare le cose. Questo aspetto si lega alla consapevolezza amorosa esposta precedentemente, rafforzando il concetto di autocoscienza: l’archetipo dell’Amante non rappresenta il semplice desiderio fisico di una gioventù in balia del costante tumulto emotivo, al contrario, nonostante non sia ancora una donna matura Lei è forte di sé, sa gestire perfettamente tutto ciò che la riguarda e anche i “danni” causati da terzi, è pienamente padrona dei suoi sentimenti senza che essi possano annebbiare la sua capacità di giudizio ed è quindi in grado di sfruttare al massimo la sua intelligenza dimostrandosi il personaggio più scaltro del racconto. Il suo istinto è sapiente.

Purtroppo però tutto questo non è abbastanza per salvarla e nella conclusione la Dea soccombe.

La sua essenza divina e il suo valore vengono dimenticati e basta una calunnia, peraltro assurda, a farla cadere in disgrazia ricevendo il disprezzo e il rifiuto del suo stesso marito, che finisce per credere alle domestiche piuttosto che a Lei.

Ecco la Dea decaduta, abbandonata e privata del suo potere, rinnegata, ridotta in schiavitù senza risorse a cui attingere, e anche quando si dimostra la sua innocenza, per Lei è ormai troppo tardi: la sua divinità è completamente consumata e nulla potrà più tornare come prima.

Terzo Ramo – Rhiannon e Manawyddan

Il triste destino della Dea, esemplificata nella figura di Rhiannon, viene ulteriormente confermato nel Terzo Ramo dei Mabinogion che narra di avvenimenti successivi, quando Pryderi è ormai un guerriero.

Qui Rhiannon, vedova di Pwill, viene data in sposa da Pryderi stesso all’amico e compagno d’armi Manawyddan. Alla notizia del patto tra i due uomini Lei reagisce semplicemente dicendo: “A ciò acconsento volentieri”.

Nessun accenno alla Rhiannon volitiva che rifiuta un pretendente deciso da altri o che rimprovera Pwill per aver inutilmente stancato il suo cavallo. Certo, magari trova Manawyddan effettivamente gradevole e prova per lui una sincera attrazione, ma se avesse mantenuto il suo spirito avrebbe quantomeno redarguito il figlio per non averne innanzitutto parlato con Lei, verificando la sua disponibilità prima di concederla a uno sconosciuto. Invece nulla. Semplice accettazione pacata e conciliante.

In seguito, dopo varie peripezie, Pryderi cade vittima di un sortilegio che lo intrappola all’interno di un castello e Rhiannon, nel tentativo di liberarlo, viene imprigionata a sua volta.

Pryderi e Rhiannon – illustrazione di Albert Herter da “Tales of the Enchanted Islands of the Atlantic” di Thomas Wentworth Higginson

Anche in questo caso si nota l’assenza del suo potere: com’è possibile che una Dea, un tempo padrona di arti magiche, non si accorga di trovarsi in un luogo pregno di magia? Inoltre, Lei che con scaltrezza e acume aveva escogitato la soluzione per sottrarsi a un matrimonio indesiderato, questa volta agisce d’impulso, senza riflettere, e non solo non salva suo figlio ma subisce inerme lo stesso destino. Un fallimento su tutta la linea.

Alla fine entrambi vengono liberati da Manawyddan che scopre il responsabile dell’incantesimo e, avendone casualmente catturato la moglie, sfrutta la situazione contrattando la fine delle ostilità. Siamo al cliché narrativo patriarcale per eccellenza: il principe che salva la principessa/damigella oppressa da infausti eventi e incapace di salvarsi da sola.

La Dea è scomparsa, privata di tutto ciò che la rendeva tale: le sue capacità, le sue doti, la sua indipendenza, la sua sacralità, il suo potere… non esistono più, sono stati dimenticati da tutti, persino da Lei stessa, ridotta ormai a una docile figura il cui valore risiede solo nel suo gradevole aspetto e nella sua mansueta accondiscendenza.

Il patriarcato ha vinto.

Un ulteriore approfondimento: Rhiannon – l’amore consapevole

Fonti

Isabella Abbiati, Grazia Soldati (a cura di), I Mabinogion, Ed. Venexia (Roma)

Kathy Jones, Camminando sulla Ruota della Dea Ana, Ed. Ester (Torino)

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